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      Voi dunque non potete sperare di fondar nazione se non con un uomo o con un principio: avete l'uomo? avete fra i vostri principi il Napoleone della libertà, l'eroe che sappia pensare e operare, amare sovra ogni altro e combattere, l'erede del pensiero di Dante, il precursore del pensiero del popolo? Fate ch'ei sorga e si sveli; e dove no, lasciateci evocare il principio e non trascinate l'Italia dietro a illusioni pregne di lagrime e sangue.
      Noi dicevamo queste cose - non pubblicamente, ma nei colloqui privati e nelle corrispondenze - a uomini fidatissimi di quei primi. Ai secondi, agli amici che ci abbandonavano, guardavamo mestamente pensando: Voi ci tornerete, consumata la prova; ma Dio non voglia che riesca tale da sfrondarvi l'anima e la fede nei destini italiani! Dagli ultimi, dai faccendieri - ci ritraevamo per non insozzarci. Amici o nemici, eravamo e volevamo serbarci nobilmente leali. Le nazioni - noi lo dicemmo più volte - non si rigenerano colla menzogna.
      A quell'ultima nostra interrogazione, i moderati rispondevano additandoci Carlo Alberto.
      Io non parlo del re: checchè tentino gli adulatori e i politici ipocriti i quali fanno oggi dell'entusiasmo postumo per Carlo Alberto un'arme d'opposizione al successo re regnante - checchè or senta il popolo santamente illuso che simboleggia in quel nome il pensiero della guerra per l'indipendenza - il giudizio dei posteri peserà severo sulla memoria dell'uomo del 1821, del 1833 e della capitolazione di Milano. Ma la natura, la tempra dell'individuo era tale da escludere ogni speranza d'impresa unificatrice italiana.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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