La vittoria era certa, infallibile. I nostri consigli s'ascoltavano cortesemente, si provocavan talora: non s'eseguivano mai. Il popolo s'addormentava nella fiducia.
E v'era peggio. Mentre da noi si diceva: soccorrete ai volontarī; animateli: cacciateli all'Alpi, la perdita dei volontarī, repubblicani i pił, era giurata: giurata fin dagli ultimi giorni di marzo quando Teodoro Lecchi fu assunto al comando del futuro esercito. Erano lasciati senz'armi, senza vestiario, senza danaro; fortemente accusati ogni qual volta la necessitą li traeva a provvedersi da sč; sospinti al Tirolo, ai passi dell'Alpi, poi impediti dal combattere, forzati ad abbandonare quei luoghi e le insurrezioni nascenti: finalmente richiamati, feriti, essi i vincitori delle cinque giornate, nel pił vivo del core, e disciolti(220)). Mentre da noi s'insisteva sulla rapida formazione d'un esercito lombardo e s'indicavan le norme; s'indugiava, s'inceppava l'armamento, si sbandavano le migliaja di soldati italiani che abbandonavano il vessillo d'Austria, si commetteva l'istruzione degli accorrenti a ufficiali piemontesi fuor di servigio, taluni cacciati per colpe dai ranghi. Ricordo che alle mie richieste insistenti perchč a render pił sempre nazionale la guerra e a prefiggere al giovane esercito uomini gią esperti delle guerre d'insurrezione, si chiamassero i nostri esuli ufficiali in Grecia, in Ispagna, ed altrove, m'ebbi risposta che non si sapeva ove fossero. Non mi stancai, e ottenni, dacch'io lo sapeva, facoltą di chiamarli e firma, a convalidare il mio invito, del segretario Correnti.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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