La flotta sarda, in virtù d'obblighi reiteratamente e inesplicabilmente contratti, si rimaneva inattiva: l'11 giugno, ad ajutare in Venezia i raggiratori della fusione, s'era annunciato che in un coi Veneti i legni sardi avrebbero tentato una impresa; ma, raggiunto l'intento, l'ordine di mossa si rivocava. Gli Austriaci, rinforzati a lor senno, maturavano gli estremi disegni. Poco dopo il decreto del 12 maggio, il re di Napoli aveva richiamato le sue truppe. Le dichiarazioni del papa a Durando avevano reso pressochè inutili gli ajuti romani. L'atto di fusione aveva, rivelando nuovi pericoli ai governi italiani dall'ambizione della casa di Savoja, tolta ogni speranza di cooperazione da parte loro; aveva, col fantasma d'una(227)) costituente sardo-lombarda, irritati più sempre i timori, gli odî e maneggi segreti dell'aristocrazia torinese. Le tristi necessità, che accennammo più sopra, della guerra regia avevano creato il vuoto e l'isolamento intorno al campo di Carlo Alberto.
E a isolarsi in Europa, a privarsi d'ogni speranza di soccorso dall'estero, sommavano le necessità della regia diplomazia: tortuosa del resto come fu sempre la politica di casa Savoja, e incerta e tentennante come il pensiero del re.
La storia diplomatica di quel periodo è tuttavia arcana e rimarrà tale per qualche tempo. Vivono, e pressochè tutti in potere, gli uomini che la maneggiarono; e importa ad essi sottrarne i documenti alle povere aggirate popolazioni. Però, anche la collezione inglese, citata più volte, è visibilmente manchevole nella parte che più rileva.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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