A tenersi intanto diplomaticamente amico il governo francese e a carpire promessa d'approvazione al regno del nord quando sarebbe giunto il tempo di farlo accettare dalle potenze europee, i moderati assumevano segretamente l'obbligo di cedere la Savoja. Di questo ho certezza. E la Savoja era eliminata da una carta del futuro regno fatta disegnare a quel tempo in Torino a norma segreta d'alcuni fra gli agenti sardi, e un esemplare della quale sta in nostre mani. Mercè quel pattuito mercato, Lamartine dimenticava le sue prime aspirazioni repubblicane; e mentre il segretario degli esteri, Bastide, dichiarava a me e a qualunque altro volesse udirlo che la Francia era inesorabilmente ostile alle mire ambiziose di Carlo Alberto, l'inviato francese in Torino, signor Bixio, perorava indefesso per la fusione e mi spediva a Milano, per tentar di convincermi, il suo segretario. Di siffatte vergogne diplomatiche e del continuo oblio del principio scritto sulla sua bandiera, la Francia paga oggi il fio col decadimento del suo nome all'estero e coll'anarchia che la rode.
Dei maneggi politici che i faccendieri del re millantavano coll'Inghilterra, i documenti non hanno indizio. Ma l'Austria, forse da principio, sinceramente atterrita com'era dalle proprie condizioni interne ed esterne, più dopo con intenzione visibile di guadagnar tempo, tentò più volte il gabinetto inglese perchè si facesse mediatore e paciere fra l'insurrezione e l'impero.
Fin dal 5 aprile, Ficquelmont annunziava da Vienna al conte Dietrichstein, ambasciatore austriaco in Londra, l'invio d'un commissario imperiale in Italia incaricato di negoziare per una riconciliazione sulle più larghe basi possibili(229)), e pregava perchè lord Palmerston appoggiasse le sue proposte.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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