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      Balzava e ruggiva, come lione addormentato al quale un ferro rovente marchi a un tratto la fronte. Guerra per tutti, libertà per tutti o per nessuno, era in que' momenti il grido universale, e proferito con tale energia da far retrocedere ogni governo provvisorio o regio che avesse in animo di patteggiare. L'idea nazionale si ridestava potente come ai primi giorni dell'insurrezione. Quei giornalisti francesi che menarono, non ha molto, romore di parecchi fra i dispacci citati, e rimproverarono i Lombardi perchè non afferrassero allora l'áncora di salute d'una pace all'Adige, provarono a un tempo la loro profonda ignoranza della politica austriaca e il silenzio d'ogni senso generoso nell'anima loro. Quel rifiuto vale più assai per l'avvenire del nostro popolo che non dieci regni costituzionali da fondarsi a beneplacito dell'Austria tra l'Adige e il Po.
      Non so se la pace all'Adige entrasse mai positivamente nei disegni del re o - dacchè, com'oggi in Torino son due governi, così erano allora nel campo - d'altri per lui. Ma credo certo che quel fantasma, evocato sin da principio astutamente dall'Austria, operasse quasi fascino sull'animo suo, e contribuisse alle lentezze e al mal esito della guerra. A qualunque guardi, con occhio quanto più vuolsi indulgente, all'insieme e alle fazioni di quella malaugurata campagna - all'abbandono deliberato d'ogni impresa in Tirolo e agli sbocchi dell'Alpi - al sagrificio del Veneto - alla, decisione di non muover guerra a Trieste e sul mare - alla negligenza d'ogni tentativo per sommover l'Illirico e per collegare la causa d'Italia coll'altre cause nazionali che s'agitavano nell'impero - all'inazione sistematica dell'esercito prima della resa di Paschiera, unico trionfo dei regi, e dopo, fino a quasi la metà del luglio - e ai modi più che cavallereschi e cortesi usati in tutte occasioni coll'Austria - parrà non foss'altro probabile che Carlo Alberto tendesse, anche inconscio, a serbarsi per ogni rovescio aperto il rifugio d'un trattato che, senza infliggergli la vergogna d'abbandonare un terreno già conquistato, gli avrebbe pur procacciato un ingrandimento di territorio nella Lombardia.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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