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      VII.
     
      Considerando che i voti religiosi non costituiscono se non una relazione morale tra la coscienza e Dio;
      Considerando che la società civile non può, quanto a sè stessa, intervenire coi suoi mezzi d'azione estrinseci e materiali nella sfera dei doveri spirituali;
      Considerando che la vita e le facoltà dell'uomo appartengono di diritto alla società e al paese in cui la provvidenza lo ha posto;
      Considerando che la società non può riconoscere promesse irrevocabili che le involano e restringono in certi limiti la volontà e l'azione dell'uomo;
      Il Triumvirato decreta:
      La società non riconosce perpetuità di voti particolari ai differenti ordini religiosi così detti regolari.
      È in facoltà d'ogni individuo, facente parte di un ordine religioso regolare qualunque, di sciogliersi da quelle regole all'osservanza delle quali s'era obbligato con voto entrando in religione.
      Lo Stato protegge contro ogni opposizione o violenza le persone che intendessero profittare del presente decreto.
      Lo Stato accoglierà con gratitudine tra le file delle sue milizie quei religiosi che vorranno colle armi difendere la patria, per la quale finora hanno inalzato preghiere a Dio.
      Il presente decreto verrà letto da un commissario governativo a tutti i religiosi riuniti in piena comunità nei rispettivi conventi.
     
      27 aprile 1849.
     
     
     
      VIII.
     
      (Il decreto del 15 aprile aveva promesso di ripartire gran parte delle terre incolte appartenenti a corporazioni religiose od a manimorte e divenute, per decisione dell'Assemblea del 21 febbrajo, proprietà della Repubblica.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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