Questo popolo, signore, ha diritto d'essere compreso dalla Francia e di trovare in essa un appoggio, non una potenza ostile; ha diritto di aver dalla Francia non protezione, ma fratellanza. Ogni domanda di protezione proferita da esso sarebbe interpretata dall'Europa come un grido di disperazione, come una dichiarazione d'impotenza e lo farebbe indegno di quell'amistà della Francia sulla quale ei facea calcolo prima dei fatti recenti. Quel grido di disperazione non può suonargli sul labbro. Non esiste impotenza per un popolo che sa morire; e mal s'addirebbe a generoso sentire da parte d'una grande e altera nazione di sconoscere il nobile impulso che muove il popolo di Roma.
Bisogna, signore, che questa condizione di cose cessi. La fratellanza non è oggi fra noi se non parola vuota di senso pratico: diventi una realtà. Sia lecito ai nostri corrieri, alle nostre armi, alle nostre truppe di circolare liberamente a nostra difesa su tutte quante le nostre terre. Non sian i Romani condannati come oggi sono a guardare con sospetto uomini ch'erano avvezzi a considerare siccome amici. Ci sia schiusa la via di difenderci con tutti i nostri mezzi dagli Austriaci che bombardano le nostre città. Non rimangano più dubbie le buone e leali intenzioni della Francia. Non sia più possibile all'Europa di dire ch'essa, la Francia, ci sottrae le difese per imporci poi una protezione, mercè la quale si serberebbe inviolato da altri il nostro territorio, ma colla perdita di quanto abbiamo più caro, del nostro onore e della nostra libertà.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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