Il dispaccio del 29 maggio era difatti noto nel campo francese nella mattina del 1.° giugno; quello del 26 poteva dunque essere in mano al generalo Oudinot fin dal 29 maggio. Se il generale non lo esibì fin d'allora per sospendere negoziati e poteri del negoziatore, sorge il pensiero ch'ei volesse trarre partito da quei negoziati, che inceppavano la vigilanza e le forze del popolo romano, per impadronirsi a poco a poco, senza incontrare resistenza, dalle posizioni migliori; certo com'egli era di porre fine quando giovasse, rivelando il dispaccio del 26, agli accordi e di rompere, pronta ogni cosa per assalire, la tregua.
Concedete, signore, ch'io vi dica colla libertà che si addice a un uomo leale e d'indole non servile: la condotta del governo romano non s'allontanò mai d'una linea, nelle trattative ch'ebbero luogo, dalle vie dell'onore. Il governo francese potrebbe difficilmente affermarlo di sè. Ciò non tocca, la Dio mercè, menomamente la Francia; prode e generosa nazione, essa è, come noi, vittima d'un basso indegno raggiro.
Oggi, i vostri cannoni tuonano contro le nostre mura, le vostre bombe scendono sulla città sacra; la Francia ebbe questa notte la gloria d'uccidere una povera fanciulla del Trastevere che dormiva a fianco della sorella.
I nostri giovani ufficiali, i nostri militari improvvisati, i nostri popolani, cadono sotto i vostri projettili gridando: Viva la repubblica! I prodi soldati di Francia cadono, senza grido, senza mormorare accento, come uomini disonorati.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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