Non una. Alcuni carabinieri, collocati sulla frontiera napoletana, si fecero disertori; forse temevano, a torto, tristi conseguenze degli imprigionamenti eseguiti sotto Gregorio. Ma fu fatto isolato. Città, campagne, salutarono con gioja sentita l'èra repubblicana. I vecchî municipî, eletti sotto il governo papale, mandarono la loro adesione come la mandarono più dopo i nuovi eletti per voto universale l'undici marzo. Rimaneva a Pio IX qualche individuo amico, non uno al governo del papa.
E dopo la giornata del 30, quando il governo repubblicano, imminente la quadruplice invasione, e concentrate le truppe in Roma, non serbava influenza se non morale sulla provincia - fra i terrori della crisi finanziaria e gli sforzi dei pochi retrogradi - l'elemento conservatore dello Stato rinnovò spontaneo l'adesione alla forma repubblicana. Bologna, Ancona, Perugia, Civitavecchia, Ferrara, Ascoli, Cesena, Fano, Faenza, Forlì, Foligno, Macerata, Narni, Pesaro, Orvieto, Ravenna, Rieti, Viterbo, Spoleto, Urbino, Terni, duecento sessantatrè municipî mandarono a Roma indirizzi, dichiarando in nome dei popoli che l'abolizione del potere temporale e la repubblica erano condizioni di vita allo Stato.
L'Assemblea costituente, numerosa di 150 membri e se non per intelletto, per core almeno, parte eletta della nazione, sedeva permanente, fino al giorno in cui la forza brutale, violando doveri e promesse di Francia, veniva a discioglierla. Essa dettava o approvava quanto fu fatto dal 9 febbrajo sino al 2 luglio.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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