La nostra capitale era lieta, festosa sotto il peso dei sacrifici che ogni mutamento di stato impone, tranquilla, serena, quando la presenza del vostro esercito sotto le mura provocava alle audacie i malcontenti, se malcontenti fossero mai stati in Roma. La nostra guardia nazionale dava oltre a 7000 uomini al servizio attivo per entro la città e sulle mura. Le nostre prigioni erano pressochè vuote d'accusati politici: due o tre individui fondatamente sospetti di contatto col vostro campo: due o tre cardinali côlti in delitto flagrante di cospirazione, e un ufficiale, Zamboni, reo di diserzione, stavano soli sotto processo quando il signor de Corcelles si recò a visitar le prigioni; i cinque o sei detenuti, Freddi, Alai, e siffatti, da lui trovati in Castel Sant'Angiolo, v'erano per ordine di Pio IX e per trame contro il suo governo. Gli uomini più avversi alla repubblica, un Mamiani, un Pantaleoni, passeggiavano liberi le vie di Roma: al popolo, che ne sospettava, noi ricordavamo che la repubblica, migliore del principato, teneva inviolabili le opinioni quando non si traducevano in fatti pericolosi; e il popolo, generoso per indole e per coscienza di forza, intendeva e rispettava; nè cominciarono per taluno fra quegli uomini i pericoli se non quando noi non potevamo più interporre la nostra parola e lo spettacolo della vostra forza brutale irritava a riazione la moltitudine. Parecchî fra i nostri cannoni rimasero sovente, per impossibilità di custodia a tutto quanto il cerchio della città, accessibili a ogni uomo senza un solo soldato che li guardasse.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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