Or, la Nazione e Roma sono una sola cosa per noi. Credono essi spento per sempre il palpito di ventisei milioni d'uomini che hanno imparato a insorgere, a vincere, a morire in nome dell'Italia futura? E se credono nell'Italia futura, credono che la nazione possa vivere un giorno libera e progressiva col dogma dell'autorità assolata impiantato nella sua metropoli?
L'Italia futura, la nazione una, è fatto inevitabile in un tempo che non è lontano. Questa fede italiana annunziata, da Dante in poi, nella vita e negli scritti dei nostri grandi del pensiero, trasmessa da generazione a generazione dalle aspirazioni della nostra letteratura, trasmessa di padre in figlio, negli ultimi trenta anni, in seno alle nostre fratellanze segrete, e nudrita di sangue e di lagrime, noi non la sagrificheremo, signori, ai vostri meschini concetti di transazione o perchè a voi piaccia far poesia sulle rovine d'una instituzione che fu sublime, e anteporre al futuro il passato. Papi, imperatori, oppressori domestici e gelose potenze straniere hanno fatto a gara per sotterrar dal nascere questa fede; e non valse. Il lento lavoro d'unificazione non s'arrestò mai in Italia per gli ultimi tre secoli: se un papa volle, quando il papato era già esoso alla miglior parte della nazione, che il suo nome rimanesse ricordo d'affetto fidato al genio di Michelangelo e alla tradizione italiana, gli fu forza cacciare il grido di fuori i barbari! - e quando l'entusiasmo di tutta quella gioventù, che voi calunniate come anarchica e demagogica, salutò d'un lungo grido d'illusi applausi il papa in nome del quale gli stranieri stanno oggi in Roma, quel papa avea proferito con amore la sacra parola ITALIA; e l'applauso gli fu sottratto, e il popolo si ritrasse fremendo da lui quand'ei si rivelò avverso alla guerra d'emancipazione.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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