Libertà vera per noi fu allora ed è tuttavia quella ch'esce ordinata dal libero suffragio della nazione. Perchè non la interrogate? Una irrequieta audace fazione toglieva allora senno e libertà di giudizio al popolo? Ma quella fazione oggi è spenta o lontana. Io vi scrivo dall'esilio. L'esilio, la prigione o la sepoltura hanno tutti i miei compagni. Perchè non restituite al popolo il libero voto? Perchè, dopo diciotto mesi, siete costretto a conchiudere le vostre parole dichiarando che il soggiorno del vostro esercito è tuttavia necessario al mantenimento dell'ordine in Roma?
Voi potete, signore, ravvolgervi a vostro senno di menzogna e sofismi: potete trovare un'Assemblea repubblicana che applauda per breve tempo alle vostre parole; ma il giudizio dell'Europa sta irrevocabilmente per noi. Tra noi e voi la contesa è ridotta a termini troppo semplici per ammetter dubbio. Il principio repubblicano è sancito per noi dal decreto non revocato dalla nostra Assemblea: vive nel dritto, legittimo per lo meno quanto il vostro governo; e noi possiamo chiedere alla Francia e all'Europa di restituirci Roma qual era prima del luglio 1849. E nondimeno stiam paghi a chiedervi - tanto siam certi dell'animo delle moltitudini - di rifare onestamente la prova. Noi siamo più assai potenti di voi, signore. A voi, perchè trionfi la libertà vera, bisogna un esercito; a noi basta una urna. Noi vi cacciamo a guanto di sfida ciò che gli agenti vostri promettevano prima della vittoria: sgombrate e RENDETECI IL VOTO; e voi non osate raccoglier quel guanto!
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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