Sanno che il giorno in cui, inspirata da un momento di fede suprema, essa oserà proferirla, la sepoltura, nella quale son posti a giacere i popoli, si aprirà in un subito a dar varco alla nuova vita. Sanno che noi teniamo in pugno la questione delle nazionalità, il nuovo assetto d'Europa. Sanno che un grido potente di redenzione non può sorgere da questa terra, che ha dato due volte la parola d'Unità alle razze europee, senza suscitare UNGHERIA, POLONIA, GERMANIA, FRANCIA, GRECIA, e SLAVI meridionali. E quando, frutto dei casi europei, delle nuove delusioni, della rinfierita tirannide, ed opera del partito al quale io mi onoro d'appartenere, sorse il fermento confessato dai memorandum, dai discorsi ministeriali e dalla stampa europea, essi, i governi, s'affrettarono impauriti a cercare, poichè non potevano spegnerlo, il come sviarlo, e s'appigliarono al vecchio artificio del 1831 e del 1848, dividere in due correnti la piena che minaccia sommergerli, smembrare in due campi il campo della nazione, incitar gli uni, i più lenti, sì che, non movendo mai, accennino pur sempre di movere, frenar gli altri, i più fervidi, colle speranze di eventi prossimi e d'una unione generale di forze, che non verrà mai, se non da un audace fatto compiuto. A questo concetto, sorgente in oggi di quanto s'opra o si mormora nelle sfere governative, era necessaria una bandiera, un'autorità di nome italiano, noto e caro all'Italia, che impiantasse il dualismo nelle nostre file: e scelsero voi. Voi siete, inconscio, il Gioberti del 1856.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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