Bisogna fare, o scadere.
E fare e riescire si può, se - lasciate da banda le vie oblique, rinunziando, non a giovarsi della diplomazia, ma ad accettarne le inspirazioni, rassegnando alla nazione emancipata i programmi dell'avvenire, accettando, fin dove importa, la cooperazione d'ogni elemento, ma non sottomettendo la propria azione ad alcuno - gli uomini che amano il paese più che sè stessi, vogliano unirsi tutti ad azione incessante, ardita, virile, nelle norme seguenti:
Vogliamo una Patria, vogliamo la Nazione; vogliamo che una Italia sia. Possiamo accettare, a giovarcene, non chiedere, riforme o miglioramenti amministrativi e civili. Sappia l'Europa che venticinque milioni d'uomini, figli d'una terra che ha dato all'Europa incivilimento e unità morale, non chiedono elemosina di condizioni più miti, ma chiedono d'essere ammessi, Nazione, tra le Nazioni.
La libertà e l'unità d'Italia non possono conquistarsi che colle nostre forze, col nostro sangue, colla battaglia di tutti per tutti. I nostri più potenti alleati devono essere i popoli oppressi come noi siamo. Li avremo a seconda dell'energia che riveleremo sorgendo. I forti son certi di essere seguiti.
Qualunque sia l'intenzione, qualunque il disegno della monarchia piemontese, l'iniziativa del moto spetta necessariamente al popolo. L'insurrezione popolare può sola preparare freno e rimedio ai disegni, se tristi; sola porgere opportunità al loro sviluppo, se buoni.
Qualunque sia quindi l'opinione in proposito di ogni italiano che ami davvero l'Italia, egli deve rivolgere tutti i suoi sforzi a promovere l'iniziativa insurrezionale.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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