Io, se mi č dato di vedere il giorno di resurrezione, ricorderņ al popolo quella protesta, perchč sperda fin la memoria degli errori nei quali, per una funesta illusione, vi lasciaste pił dopo travolgere.
Ottobre, 25.
GIUSEPPE MAZZINI
RICORDI SU CARLO PISACANE
Un giorno in Roma, nel 1849, mentr'io era ancora semplice rappresentante del popolo e senza parte nella suprema direzione delle cose, saliva a vedermi un giovane ufficiale napoletano. Era Carlo Pisacane. Mi si presentava senza commendatizie; m'era ignoto di nome e, bench'io ricordassi di averlo alla sfuggita veduto un anno prima fra quel turbinģo d'esuli che la dedizione regia rovesciava da Milano e da tutti i punti di Lombardia sul Canton Ticino, io non sapeva nč gli studī teorici e pratici, nč la ferita di palla austriaca che lo aveva tenuto per trenta giorni inchiodato in un letto, nč i principī politici serbati inconcussi attraverso l'esilio e la povertą, nč altro di lui. Ma bastņ un'ora di colloquio perchč l'anime nostre s'affratellassero, e perch'io indovinassi in lui il tipo di ciņ che dovrebb'essere il militare italiano, l'uomo nel quale la scienza, raccolta con lunghi studī ed amore, non aveva addormentato, creando il pedante, la potenza di intuizione e il genio, sģ raro a trovarsi, dell'insurrezione. Da quel giorno in poi fummo amici e concordi nell'opere a pro del Paese.
La fronte e gli occhī di Carlo Pisacane parlavano a prima giunta per lui; la fronte rivelava l'ingegno, gli occhī scintillavano di energia, temperata di dolcezza e d'affetto.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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