E da lui solo ebbi approvazione ed appoggio - mentr'altri, in nome di quelle regole, protestava - in due di quelle determinazioni che sembrano gravi di pericoli agli ingegni timidi e pedanteschi, e trascinano, se non riescono, biasimo universale sulla testa di chi le prende. La prima fu quella di vuotar Roma d'ogni milizia per inviarle tutte contro l'esercito Napoletano accampato in Velletri e dintorni; la seconda, quella di convertire, verso la fine dell'assedio, la difesa regolare in una giornata campale.
I Francesi stavano, quando il nostro piccolo esercito mosse alla volta di Velletri, appič delle mura. V'era armistizio, ma a tempo indeterminato; ed io sapeva che Oudinot era tale da romperlo e ordinare l'assalto, qualunque volta ei vedesse l'occasione propizia a impadronirsi di Roma. Togliendo a Roma ogni difesa di milizia regolare, io avventurava dunque i fati della cittā; e ricordo ancora i giusti terrori e i rimproveri di parecchî tra i membri dell'Assemblea, i quali, vedendo reggimento dopo reggimento avviarsi fuori della cinta, correvano sospettosi a chiedermi ragione degli ordini dati. Ma d'altro lato, i Napoletani erano giunti senza ostacolo ad Albano e Velletri, e minacciavano Roma; ed io sapeva che le istruzioni date al generale francese gli commettevano di vietare l'ingresso in Roma ad ogni altro straniero. L'assalire dei Napoletani trascinava quindi inevitabile la subita rottura dell'incerta tregua; e, stretta fra due nemici operanti ad un tratto, Roma era inevitabilmente perduta.
| |
Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
|
|
Roma Napoletano Velletri Francesi Velletri Oudinot Roma Roma Assemblea Napoletani Albano Velletri Roma Roma Napoletani Roma
|