E ripeteva spesso a ogni modo con me che, o le nostre moltitudini non erano preparate alla lotta suprema, e bisognava educarle con forti fatti, o lo erano, e bisognava guidarle. A questo dilemma non abbiamo mai, nè egli nè io, trovato risposta chiara da quei che dissentono; ben egli ed io abbiamo incontrato sovente diserzioni mute e doloroso abbandono dove meno l'aspettavamo. Se non che vi sono uomini ai quali è impossibile tradire il proprio dovere perchè altri tradisce il suo: ed egli era tale. Però studiando, scrivendo, e vivendo con povertà lieta su qualche lezione di matematica, fissava l'occhio voglioso su qualunque angolo della Penisola rivelasse indizio di vita; tendeva intento l'orecchio, presto a seguirla, ad ogni chiamata.
E la chiamata venne da quella parte d'Italia dov'egli avea imparato a patire, a fare, ad amare: venne dalle insanie feroci di un Governo che un conservatore inglese definì una negazione di Dio; dalle torture dei migliori del Regno; dal cupo malcontento di tutti; da una serie di dimostrazioni, piccole in sè, pure indicanti una crescente tendenza al fare: dal tremendo appello d'Agesilao Milano; dal linguaggio dei moderati stessi, ai quali è da parecchî anni fatto famigliare il mal vezzo di bandire all'Europa il fremito del Paese per ottenere un brano di tiepida frase in un memorandum o in un discorso ministeriale, a patto di frammettersi con ogni sorta d'ostacoli agli audaci che s'affidano in quel fremito ed operano; venne dai nostri pure; or dirò in quali termini.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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