Moveva ad una impresa che doveva costargli la vita, e dava lo stesso giorno l'ultima lezione di matematica ad un allievo.
E morì. Noi possiamo seguire ad amarlo; ma che cosa è l'amore a chi è morto alla terra, se scompagnato dalla religione del pensiero che costituiva la miglior parte della sua vita quaggiù? Basta a compiere il legato, ch'ei ci lasciava morendo, un tributo di lode, una sottoscrizione per la fanciulla che non lo rivedrà mai più sulla terra? Son essi, o Italiani, i vostri martiri, gladiatori al cui morire applaudono gli spettatori del Circo, se muojono composti in atto virile ed impavido? Non ha diritto la figlia di Pisacane di dirvi un giorno, quand'essa invocherà la carezza paterna, e saprà il come e perchè le fu tolta: se mio padre scendeva, mercè i vostri ajuti, con forze doppie sulla mia terra, forse ei sormontava gli ostacoli; e giungendo ad uno dei centri ove vivono luce d'intelletto educato e fiamma di libertà, trovava fratelli e vinceva? Rimprovero amaro è cotesto, o Italiani, perchè meritato; e viene a noi nel gemito non solamente della povera Silvia, ma dei mille orfani dell'amore dei tanti, che da oramai dieci anni morirono vittime della tirannide straniera e domestica, protestando per noi tutti contr'essa. Perchè sono orfani su questa terra che seppe sorgere e vincere nove anni addietro? Perchè si muore d'intorno a noi, quando si potrebbe vivere col serto del trionfo sul capo? Perchè move il vento e bagna la pioggia le ossa di Pisacane, come fossero ossa di masnadiere, quando sta a noi di comporgli su terra libera una tomba sulla quale sventoli la sua bandiera?
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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