Ad uomini della tempra di PIANORI, di MILANO, di ORSINI, poco importa di giudizî o giudici: uccidono, o muojono. Ma la vita di Vittorio Emanuele è protetta, prima dallo Statuto, poi dalla nessuna utilità del reato. Anche mutilata e spesso tradita da voi, la libertà del Piemonte è tutela che basta ai giorni del re. Dove la verità può farsi via nella parola; dove, anche a patto di sacrificî, l'esercizio de' proprî doveri è possibile, il regicidio è delitto ed insania. Ci credete scellerati ed insani? A che mai gioverebbe, ed a chi, la morte di Vittorio Emanuele? Egli regna, ma non governa. L'indole indifferente, non tirannica, può procacciargli biasimo forse da chi ricorda quali solenni doveri ei potrebbe e non cura compiere; non odio mai. Io lo credo - malgrado i difetti della sua natura - migliore dei suoi Ministri. Per chi lo uccidesse, avremmo noi tutti il ribrezzo che s'ha per l'assassino.
Le nostre teoriche, bensì, le credenze che propugniamo, mal s'adattano alle condizioni anormali nelle quali si producono fatti simili a quei di Bruto, di Tell, di Pianori e d'Orsini. A che parlar di doveri, quando la Libertà, senza la quale l'idea del Dovere non ha più base, è cancellata dalla violenza, e tutte le vie a compierli sono chiuse? A che ripetere oziosamente: la vita è sacra, dove la definizione della VITA, ch'è moto, sviluppo, progresso, è falsata, soppressa? A che contendere all'individuo il diritto di rivendicare le condizioni prime di ogni vita, per sè e pe' suoi fratelli, quando tribunali non sono: quando ogni potenza collettiva è negata; quando è vietata ogni interpretazione sociale della legge?
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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