Non insegnano i vostri libri di guerra l'arte delle sorprese? Non si addestrano i vostri bersaglieri a strisciarsi rapidi, inosservati, tra le lunghe erbe dei prati, a meglio colpire di palla il nemico? Non mirano sovente i vostri disegni a trascinare, ingannandolo, il soldato che combattete, nelle imboscate? Non v'impadronite delle batterie, piombando notturnamente e con ogni artificio di silenzio sovr'esse, e trafiggendo con arme corta - la baionetta - gli artiglieri sui loro cannoni? Non decreterebbe il vostro Lamarmora una lode al soldato che, spegnendo all'impensata una sentinella, gli avesse dato adito a impadronirsi di una fortezza nemica? Noi bandiamo guerra prima, risponderete, assaliamo poi. Che! fra il tiranno e l'oppresso non è guerra naturale, continua? Guerra bandita fin da quando il primo Martire di una Patria calpestata, del Diritto violato, gettò il guanto dell'eterna sfida dal patibolo all'oppressore? Noi bandimmo guerra all'invasore francese e all'austriaco dalle barricate del 1848, dalla prima resistenza di Roma nel 1849. Traditi o sopraffatti dal numero, i soldati della Nazione furono costretti a ritirarsi. Ma l'occupazione del Lombardo-Veneto e della sacra terra Romana dura tuttavia; e se v'è tra noi chi trovi in sè tanta energia da sprezzare numero e certezza di morte, e continuar solo la guerra nel modo più efficace a conquistare indipendenza e libera vita al paese, Dio, che vede se il di lui animo è puro d'ogni bassa passione, lo giudichi: io non mi sento da tanto; io so ch'ei salva, spegnendo il tiranno, migliaja di vittime dalla prigione, dall'esilio, dal palco; e so ch'ei rivendica a un popolo intero la vita, ben altramente solenne, dell'anima, la Libertà, ch'è la vita di Dio.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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