Alla Francia, della quale si pronunciava potersi un dì o l'altro richiedere l'ajuto, il Governo Sardo diceva: "Non vi stimiamo leali: diffidiamo altamente di voi. Non vogliamo gli ajuti che ci profferite, oggi che le vostre armi congiunte alle nostre vincerebbero senz'altro la guerra; ma, se un giorno cadremo, allora, cadendo, vi chiameremo. Non potremo più allora secondarvi. I danni, i pericoli della guerra saranno tutti vostri. Nondimeno, dopo avere ricambiato le vostre offerte con orgoglio e disprezzo, v'invocheremo, giacendo, a fare per noi, senza vostro pro, ciò che noi non potemmo; e se non vorrete, vi accuseremo di tradimento al principio, aborrito da noi, che rappresentate." E all'Italia, pur predicando: fate, da voi, temete gli ajuti di Francia, il Governo liberatore diceva: "tenete le baionette di Francia in serbo pel giorno nel quale dovrete invocarle nel terrore e nella vergogna della disfatta: rifiutatele oggi che potete averle onorevolmente alleate; le accetterete quando avrete perduto ogni diritto a moderarle e giovarvene senza pericolo. Sdegnate, irritate col sospetto lo straniero che vi si offre fratello, e che voi, forti e rispettati, potete contener nei limiti della fratellanza; ma preparatevi fin d'ora a chiamarlo supplici, quando nulla gl'impedirà d'esservi padrone; quando, trovandovi inermi ed impotenti, ei potrà rivendicare, senza ostacolo da parte vostra, i diritti del benefattore insolente, e sarà tanto più allettato ad esercitarli quanto più ei ricorderà d'essere stato offeso da ingiusti sospetti da voi.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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