Sdegnati, calunniati, respinsero le calunnie senza una parola che riconducesse l'antica questione sul campo. Perseguitati, oggi sorrisero, e il dì dopo giovarono, come fu loro dato, alla causa della Patria e dell'Unità. I più tra loro promossero, stimandola giovevole, l'annessione combattuta delle provincie del Centro. Taluni si tennero, in Toscana segnatamente, a contatto col Governo per rassicurarlo e appoggiarne più validamente le mosse, quando tendessero all'Unità. Io che scrivo dichiarai sull'onore e pubblicamente che se mai nuovi smembramenti di terra Italiana, o il rifiuto deliberato dell'Unità da parte dei reggitori ci riducesse, disperati da altre vie, alla nostra vecchia bandiera, noi lo annunzieremmo anzi tratto con la stampa agli avversi.
Può un Partito dar pegni più solenni di questi? Può spingersi più oltre, per amore della concordia, l'abnegazione? Può la riverenza alla sovranità dell'opinione Nazionale esigere altro da noi?
Il Popolo d'Italia, lasciato alle proprie aspirazioni, non traviato da calunnie, risponderebbe: non può. I raggiratori che strisciano intorno alla piramide del potere vorrebbero di più. Diseredati di fede e veneratori materialisti dell'opportunità e della forza, essi vorrebbero rapirci la nostra. Non basta ad essi che da noi si chini riverente il capo alla sovranità dell'opinione dei più; vorrebbero che, dichiarando di avere errato nel passato, noi ci dicessimo credenti nella fede monarchica. Vorrebbero che non fossimo accettatori, ma propugnatori della dottrina che in oggi domina.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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