E sciolgo oggi, per ciò che riguarda individualmente me, la promessa.
Quel diritto ci è tolto. Il Governo non opera a emancipare le terre schiave e compire l'Unità Nazionale: vieta a noi, con energia di nemico, il tentarlo. Ogni ragione del patto cessa dunque d'esistere. E credo debito mio dichiararlo.
Io mi sento, da oggi in poi, libero da ogni vincolo, fuorchè da quelli che m'imporranno l'utile del Paese e la mia coscienza.
Ciò poco monta all'Italia e al Governo. Gli anni, la salute malferma, l'influenza degli ordinamenti, segreti un tempo, cessata naturalmente per la semi-libertà del Paese, che può provvedere da sè ai proprî fati, e altri uomini ben altramente potenti ch'io non sono, sorti nelle file della Nazione, fanno di me un fiacco amico e un più fiacco nemico. La mia dichiarazione non ha quindi altro fine che quello di soddisfare all'anima mia. Sento il bisogno di portarla fino al sepolcro incontaminata, e mi dorrebbe che altri potesse dirmi: Vi credevamo alleato, e nol siete.
Di fronte a un dualismo così chiaramente definito dal Potere attuale, tra il tentativo dei nostri a danno dell'Austria, e la violenta repressione governativa - tra gli uomini coperti di cicatrici colte nelle battaglie dell'Unità Nazionale e gli uomini che li consegnano ai birri e li accusano d'alto tradimento per aver voluto combattere lo straniero e liberare i loro fratelli - tra le aspirazioni della parte migliore del Paese e le fucilate date per unica risposta in Brescia - tra il concetto emancipatore di Garibaldi e il Governo che lo nega, e, non osando imprigionare Garibaldi, lo oltraggia - corre debito, parmi, a ogni uomo che ami l'Italia di scegliere, e pubblicamente.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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