Sacrificavamo, non a voi, ma alla pronta liberazione di Roma e Venezia. Oggi - dopo Aspromonte, dopo il rifiuto della cittadinanza Italiana ai Romani e ai Veneti, dopo il voto che sancisce in ogni ministro il diritto di sopprimere ad arbitrio la libera espressione del pensiero del Popolo, e poi che tutti i vostri uomini di stato, esauriti a cerchio, hanno rappresentato miseramente, l'un dopo l'altro, lo stesso sistema: impotenza per la questione nazionale: repressione per ciò che concerne la Libertà - s'illuda chi può. A me parrebbe d'essere, tacendo il vero a' miei concittadini, stolto a un tempo e colpevole.
La Nazione non avrà salute, Unità, Libertà, se non dal suo Popolo.
GIUSEPPE MAZZINI.
A FEDERICO CAMPANELLA(303))
Mi chiedi perchè taccio? Taccio perchè ho il dolore nell'anima e il rossore sulla fronte per la mia Patria. Taccio perchè, tra la codarda servilità degli uni e il difetto di spirito pratico e virtù di sacrificio negli altri, temo oggimai che la parola non giovi. Taccio perchè ogni qual volta mi sento spronato a prender la penna mi torna alla mente il grido del povero Savonarola, quando ei, predicando a un popolo inerte, indifferente, dileggiatore, prorompeva in parole rotte da singhiozzi: "Signore, stendi, stendi dunque la tua mano, la tua potenza! Io non posso più, non so più che mi dire, non mi resta più altro che piangere."
Ricordi tu, vecchio e fedele amico, le visioni dell'Italia che splendevano sull'anime nostre quando tentavamo, trenta anni addietro, la spedizione di Savoja, e nei lunghi anni d'esilio che durammo insieme?
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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