Ha la nuova assisa soffocato ogni antico ricordo nel loro cuore? Non č l'assisa d'Italia? Non č simbolo d'una forza che mancava negli anni addietro, e che crea in chi la porta doveri proporzionati? Perchč non esce da quell'esercito, nei modi che non toccano la ribellione ma fanno palese il desiderio, una voce unanime che dica al re loro: Sire! non vogliate che una macchia contamini l'assisa Italiana! Guidateci sul Veneto! Lasciateci provare all'Europa che sappiamo combattere e vincere senza stranieri a fianco!
Noi abbiamo lo straniero in casa: abbiamo incontrastabilmente le forze per vincerlo. E il Paese tace. Il Paese si lagna dei mali, delle incertezze che accompagnano inseparabili ogni condizione provvisoria di cose: deplora il masnadierume: sa che l'assenza di frontiere secure e il soggiorno dello straniero tra noi confortano quanti nemici abbiamo alle trame: mormora delle somme ingenti consecrate a un esercito inutile; e nondimeno, tace. Il Paese sa che non č in Europa una sola Nazione alla quale il soggiorno dello straniero armato per entro i proprī confini non ponesse un grido d'insurrezione sul labbro: sa che le Nazioni d'Europa stanno guardando ai primi passi dell'Italia sulla nuova via, per decidere se devono cercare in essa l'alleanza del forte o la soggezione del debole; e nondimeno tace e non osa, non dirņ insorgere, ma parlare unanime colla stampa, colle petizioni, colle adunanze pubbliche, il proprio volere.
Da forse quarantamila Veneti or sono esuli tra noi: hanno la terra ove nacquero profanata dal bastone austriaco: ciascun d'essi dovrebb'essere centro d'apostolato incessante a pro di Venezia, centro d'ajuti raccolti a pro dell'impresa emancipatrice; e, da pochi infuori, tacciono, obliano.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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