Non uno di questi uomini che, interrogato, non ti dica: non avremo pace, sicurezza o capacità di progresso senza Roma e Venezia; non avremo Roma se non dopo Venezia; e tacciono tutti. Discutono intrepidi con Minghetti, Rattazzi o Ricasoli, giornalisti e lontani dal potere; tacciono con essi se diventati ministri; l'Autorità è sacra ai loro occhî: gli uomini che l'hanno possono, dunque sanno: bisogna lasciarli fare. Perchè non dicono loro: badate; noi ci assumemmo di provare al Paese che la monarchia si concilierebbe coi diritti e colle necessità dell'Italia; ma noi possiamo senza l'opera vostra? - No; tacciono tremanti, insolenti soltanto contro noi perchè non partecipi del potere: passeggiano le vie della libertà colla catena del servaggio al piede e sul collo; educano la giovine Nazione al progresso, insegnandole che il segreto del progresso sta nell'arbitrio di cinque o sei uomini scelti, non da essa, ma dal monarca: sopprimono, col tacere sistematico, l'elemento vitale d'ogni Governo, che è la trasmessione continua del pensiero dei governati a quei che governano: spingono, senza avvedersene, il Paese sulla via che dice: Rivoluzione. Tal sia di loro. Ma gli uomini di parte nostra? Gli uomini che gemono com'io gemo pel disonore della Nazione? Gli uomini che, assumendo il nome di Partito d'Azione, dichiarano la trasformazione di Popolo in Nazione non esser compita e doversi, se non si vuol retrocedere, sollecitamente compire? Gli uni s'affannano a costituire comitati elettorali, inefficaci dove prima non si muti la legge in virtù della quale si compiono le elezioni: gli altri, smembrati a tre centri di direzione e a due punti objettivi, consumano forze che concentrate darebbero risultanze potenti e rapide.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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