E se Luigi Napoleone, cupido di predominio sul Mediterraneo e su noi, e aborrente quindi dalla nostra Unità, preparasse, di concerto colla Monarchia - prezzo della protezione invocata - la triplice divisione d'Italia, architettata da lui già prima del 1859? Io non intendo di discutere con Voi la verità di queste ipotesi; dico che nessun italiano ha, dopo i fatti degli ultimi tre anni, diritto di affermarle impossibili e trascurarle: Voi, repubblicano un tempo, men ch'altri. E dico che la loro possibilità avrebbe dovuto bastarvi per adottare, anche non disertando il nuovo campo opportunista accettato, altra tattica che non la seguita, per non gittare anatemi al rimedio che potrebbe diventare necessario, e per non cacciare a' piedi del trono l'assurda immorale promessa di rimanergli fedele quand'anche. Ed è per dolore d'antico affetto, memore di ciò che faceste pel Paese, ch'io parlo. S'io non guardassi che al trionfo della mia fede, m'appagherei nel ricordar sorridendo, che i Monarchici del quand'anche furono in tutti i tempi artefici di rovina alla monarchia.
Parte vostra - e, parlando a Voi, parlo ai miei amici ed ex amici della Sinistra - era quella di piantarvi, poichè così volevate, nella Camera a guisa di scolte vigili e diffidenti; di piegare, poi che lo credevate opportuno, la bandiera ch'ebbe i vostri giuramenti, ma tenendovi su la mano, in atto di chi è deliberato a nuovamente spiegarla s'altri non attiene le sue promesse; di giovarvi delle leggi esistenti a sviluppo progressivo di quel tanto di diritto ch'esse affermano e che i governanti tradiscono, ma senza teorizzare sovr'esse, accettandole come modelli di perfezione; di buttare in viso ai ministri diversi ogni violazione del loro Statuto, ma senza mai venerarlo Arca di Libertà e affermare racchiuso in esso il germe di ogni progresso futuro, quando il suo primo articolo inaugura, religione dei sudditi, l'infallibile autorità di chi maledice al Progresso; di sollevare di tempo in tempo, sugli occhî dei gaudenti del Governo e della sua maggioranza, la santa bandiera che porta scritti con sangue di martiri i nomi di Venezia e di Roma; di guardare più al Paese bisognoso e capace di educazione, che non al recinto d'una Camera, dove l'educazione è impossibile; di protestare colla parola e minacciar col silenzio; di serbarvi compatti come un sol uomo; di parlar pochi, rare volte e solenni: poi d'afferrare uniti una delle molte opportunità offertevi dall'aperta violazione della legge fondamentale e dell'onore della Nazione, per dire ai vostri concittadini: Esaurimmo, e senza riescire, ogni tentativo per giovarvi coll'armi legali: e ritrarvi, come Trasea, da un Senato irreparabilmente servile e corrotto.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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