Chiunque, come Voi, presume d'aggiogare il fatto divino a uno o ad altro individuo, la Vita della Nazione alla povera esistenza d'un re, un principio eterno a una forma fenomenale e mutabile, bestemmia e disonora la Patria; rinnega Dio per farsi idolatra. Debito nostro e vostro č di conquistar l'Unitā, con, senza o contro la Monarchia. Al di fuori di questa formola, adottata da noi anni sono, io non posso vedere che inetti o cortigiani insanabili.
Or Voi non siete nč l'uno nč l'altro: non siete che opportunista. Io so che solo, tra le quattro pareti della vostra camera, e guardandovi attorno a vedere che non vi siano onorevoli, Voi balbettate tre volte ogni sera, quasi giaculatoria d'espiazione, la nostra formola. Ma oggi, le circostanze non corrono favorevoli al recitarla in pubblico. La Monarchia č tuttora forte; potrebbe, come dissi, volendo; noi forse, volendo, non potremmo. Voi quindi, pubblicamente, siete monarchico. Pur nondimeno, ha la vostra coscienza prefisso un limite alla Monarchia, oltre il quale direte: non vuole? Potranno mai gli uomini, che un tempo vi stimarono fratello, incontrarvi, riaffratellato dai fatti, sulla loro via? Quante cessioni di terre italiane allo straniero esigerete per romper guerra? Quanto aumentare di servilitā alle inspirazioni di Parigi? Quanti eserciti da farsi e disfarsi? Una legge che dichiari non solamente stranieri, ma sospetti, in Italia, i Romani e i Veneti? Otto, dieci violazioni dello Statuto? Tre, quattro Aspromonti? Quante cittā devono veder sangue di cittadini illegalmente versato dai gendarmi regî? Fin dove si estenderā la robusta vostra pazienza?
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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