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      Solamente, č necessario vincere, e vincere in modo che dia all'Italia coscienza di sč. Quindi, indispensabili alcune condizioni all'impresa; non ajuti stranieri che c'imporrebbero soggezione e patti funesti: iniziativa di Popolo, per determinare il disegno pratico della guerra, e non lasciare alla pedanteria dei generali governativi facoltā di concentrarla, come nel 1848, per entro al Quadrilatero, dove saremmo forse battuti: l'elemento importantissimo dei volontarî schierato intorno a Garibaldi. Queste mie convinzioni erano tali da potersi esporre a popoli e principi; e le esposi.
      Il 14 novembre io aveva ricevuto il messaggio: risposi il 15.
      Risposi non potere nč volere stringere patto alcuno. Ricordai: "che pių d'un anno addietro" - dopo Aspromonte - "io aveva dichiarato pubblicamente ch'io ripigliava tutta la mia indipendenza e non avrei pių patti se non colle inspirazioni della mia coscienza e delle circostanze" e dissi: "credere debito mio verso me stesso e il Partito serbare inviolata quella mia indipendenza." Dissi: "ch'io non potevo avere fiducia nella fermezza delle deliberazioni di chi seguiva le inspirazioni dell'Imperatore Francese e presentiva che, dove le intenzioni di Luigi Napoleone diventassero favorevoli all'Austria, un telegramma di Parigi agghiaccierebbe in un subito le tendenze bellicose governative. Una politica Nazionale non poteva soggiacere a variazioni sė fatte e a me conveniva quindi rimaner libero da ogni vincolo o patto.
      E d'altra parte, a che i patti?


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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