Il 24 maggio finalmente io scrivevo: "È chiaro che non possiamo intenderci... S'è cominciato per dichiarare che non poteva sollevarsi iniziativa dal di fuori: risposi, dichiarando che si trattava di iniziativa interna. Si disse allora che sarebbe stato necessario un moto anteriore in Galizia: risposi - che, comunque m'increscesse mutare a un tratto disegno e linguaggio coi nostri Alleati, mi vi adoprerei. Oggi si vuole anche l'Ungheria. Domani si vorrà la Boemia, l'Impero Austriaco assolutamente sfasciato prima d'assalirlo. Intanto, l'anno venturo avremo la Polonia morta, la Galizia impossibilitata ad agire, la questione Danese finita, l'Ungheria in braccio al partito conciliatore(306)). Questa non è politica italiana: è politica di paura, politica indegna d'un popolo di 22 milioni e d'un esercito di 300 000 uomini. È impossibile trattare di cose vitali, senza un limite di tempo determinato. Non deve farsi, mi si dice, se non a tempo opportuno. È appunto perch'io credo il momento opportuno, che io cerco si colga. Bisognava dirmi per quali ragioni non è opportuno; bisognava dirmi: s'intende agire nel tal tempo e non prima. Il dirmi oggi che non possono darsi armi all'interno per timore che agiscano, è un ricacciarmi nell'indefinito. Il dirmi che anche con una insurrezione interna s'impediranno gli ajuti; è un dirmi: il Governo è deciso a far le parti dell'Austria.
..... Rinunzio quindi a un contatto inutile... Rimango libero, sciolto da ogni vincolo, fuorchè quello che ho colla mia coscienza, terreno sul quale cittadini e re sono eguali.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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