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      L'Instituzione è moralmente condannata. Il Paese può trascinarsi per un tempo ancora tra le esitazioni dell'opportunismo; non è più monarchico.
      E io parlo a voi, Romani di ROMA, eccezione fra quante città s'inalzano sulle nostre terre. Roma non è città; Roma è una Idea. Roma è il sepolcro di due grandi religioni, che furono vita al mondo nel passato, e il Santuario d'una terza che albeggia e darà vita al mondo nell'avvenire. Roma è la missione d'Italia fra le Nazioni: la Parola, il Verbo del nostro Popolo: il Vangelo Eterno d'unificazione alle genti. Posso io dirle di annettersi, appendice subalterna a Firenze? Posso io suggerirle, senza delitto di profanazione, di consacrare del suo prestigio una Instituzione incadaverita; di coprire coll'immensa ombra della sua gloria le colpe, gli errori, la servilità allo straniero d'una Monarchia, che non ebbe una protesta per voi nel 1849, che non trovò una parola da proferirsi a pro vostro nei vostri diciassette anni di servitù; che disse per bocca de' suoi ministri: non andrò in ROMA se non col BENEPLACITO della Francia e del PAPA?
      No: Roma non deve annettersi a Firenze; dobbiamo noi tutti annetterci a Roma. Ma per questo abbiamo bisogno che Roma risorga quale era quando salvò l'onore d'Italia, perduto in Milano e Novara dalla Monarchia: abbiamo bisogno ch'essa si levi dal suo sepolcro, in nome, non del passato, ma della nuova vita dell'avvenire; abbiamo bisogno ch'essa splenda, per breve tempo isolata, siccome faro di Verità e di Progresso, alle incerte, desiose popolazioni d'Italia.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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