E il Paese è maturo per essa.
Il Paese è universalmente malcontento: lo è nella gioventù educata, nelle classi operaje delle città, nella popolazione agricola, nella parte migliore della magistratura, nei piccoli proprietarî, negli uomini di commercio, nel popolo dell'esercito, nel clero cattolico. I giovani, da pochi infuori indifferenti per abitudini indegnamente dissipate, o guasti da non so quale pedantesco dottrinarismo di seconda mano, sentono nell'anima un alito dell'orgoglio italiano e intendono che la loro patria non sorge come dovrebbe. Gli operaî delle città - due o tre eccettuate, nelle quali l'arti governative e gli ajuti d'alcuni ricchi hanno sviato per poco le associazioni dal segno - amano il Paese d'affetto tanto puro e devoto, da confortare di speranza l'anima più solcata di delusioni e dolori che sia. Il macinato ha suscitato il malcontento degli agricoltori; le tasse, gravissime, crescenti, molteplici e un pessimo irritante metodo di percezione, lo alimentano nei piccoli proprietarî. La democrazia dell'esercito, lasciando anche da banda il pessimo trattamento e i soprusi dei capi, sente profonda - ed è sua lode - la vergogna che da Novara a Villafranca, da Villafranca a Custoza pesa sulla bandiera. Gli onesti fra i magistrati si ribellano agli arbitrî governativi e alla corruzione sfrontatamente invaditrice dell'alta sfera. Gli uomini di commercio aborrono dall'incertezza del dì dopo, che falsa i loro calcoli e inceppa le loro operazioni: essi intendono che, fino al giorno in cui il fine nazionale raggiunto darà sicurezza di condizioni normali, la crisi sarà perenne.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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