La coscienza della forza collettiva ch'è in essi e la fiducia ch'esercita sulle moltitudini una idea grande e vera, rappresentata in azione da un'ardita iniziativa - spente in Italia, fin dal XVII secolo, dal materialismo che fa centro dell'io - non sono finora rinate. Uomini che, guidati da un capo in cui s'era incarnato un momento di quella coscienza e di quella fiducia, videro dissolversi, senza combattere, tutto un esercito davanti ad essi, s'arretrano incerti, fra calcoli che dicono pratici, e nei quali non entra il pensiero, davanti a poche centinaja di birri o a poche migliaja di soldati, nell'anima dei quali freme appunto quel pensiero ch'essi, perchè sfugge ai sensi, trascurano. Altri - arrossisco scrivendolo - guardano anch'oggi, lieti d'una speranza che disonora, alle agitazioni e all'iniziativa possibile della Francia come ad áncora di salute. Guardava la Francia del 1792 - quando, come voi, non aveva che venticinque milioni di popolo ed era minacciata da nemici interni ed esterni - all'Italia?
Non guardava; e fu grande e vinse per questo. Guardava in sè, nella bandiera della Nazione; pensava al dovere di reggerla incontaminata e di salvare, non foss'altro, l'onore. E il nostro onore, o Italiani, è macchiato: macchiato di fresca macchia ad ogni ora. Finchè Roma è in mano d'altrui, e soltanto perchè un imperatore straniero ha detto: voi non l'avrete, ciascuno di noi dovrebbe non osare di guardare in volto un cittadino di terra libera: quel cittadino non può stimarci.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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