No: gli Italiani non saranno nè ciechi nè imbelli. Ma ricordino che dieci anni d'interruzione nel moto sono lungo periodo; che l'inerzia genera l'inerzia; che la corruzione non combattuta ingigantisce rapidamente e minaccia le sorgenti della vitalità; che le delusioni durate per breve tempo irritano gli animi, durate a lungo li affogano nell'immoralità dello scetticismo; che gli uomini, anche maledicendo, s'avvezzano a tollerare; che il disonore prolungato è la morte delle Nazioni; che le popolazioni ineducate son facili ad accusare dei loro mali, non l'interruzione della Rivoluzione, ma la Rivoluzione stessa; che il federalismo, muto dieci anni addietro, accenna oggi a rivivere; che gli indugi non fruttano ormai se non alle fazioni retrograde; e quanto più si prolunga la resistenza a una crisi inevitabile, tanto più la crisi riesce violenta e pregna di quei mali, ai quali sul cominciare di questo scritto accennai.
Comunque, quando l'iniziativa popolare s'assumerà il compimento del moto Nazionale Italiano, importerà che si raggiunga il fine colla maggiore rapidità e colla menoma violenza possibile. E le vie, se non erro, son queste:
Unità di bandiera. Isolare la questione di Roma; prefiggersi a programma una battaglia col Papa-re: ricominciare imprese, generose un tempo e feconde, impossibili attualmente e che non toccano se non un termine del problema, è oggimai colpa più che follìa. L'emancipazione di Roma - nè avrei mai creduto di doverlo ripetere - si compie in Genova, Milano, Bologna, Torino, Firenze, Palermo e Napoli, non altrove.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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