A questi patti s'ha diritto di vincere: a questi patti ai vince.
AI MIEI FRATELLI REPUBBLICANIDOPO LA PRIGIONIA DI GAETA(311))
Io devo, dopo oltre a due mesi di silenzio forzato, una parola sul passato e sulle condizioni presenti al Partito: e questa parola deve esser libera d'ogni riguardo fuorchè all'amor del vero.
Il Partito ha, negli ultimi tempi, tradito il debito proprio, e con esso i fati del Paese.
Il dolore, ch'io sento profondo nello scrivere queste affermazioni, deve essermi scusa all'acerba franchezza.
Primo debito d'un Partito che professa una fede, dal cui trionfo dipendono l'onore e la grandezza della Nazione, è quello di non illudere sè stesso e altrui intorno alle proprie forze e alle proprie intenzioni. Il Partito ha violato quest'obbligo: ed è quindi scaduto, nè può risorgere se non facendone ammenda e accogliendo, senza ribellione d'amor proprio da qualunque sia proferita, la verità.
Dopo Mentana, dopo il rinnovamento della Convenzione, dopo fatti governativi, turpi oltre ogni dire, di persecuzione e corruttela; dopo avere da un lato calcolato il danno, che scendeva inesorabile dal sistema regnante all'educazione morale e alle condizioni materiali del Paese, ed esplorato dall'altro com'io potea le forze ordinate del Partito e le tendenze generali delle popolazioni d'Italia, dissi agl'influenti che rappresentavano nelle diverse zone i repubblicani, ch'io credeva fosse giunto il momento di sostituire al periodo dell'apostolato un periodo d'azione, e che, secondo un mio convincimento radicato in me tuttavia, una forte e vittoriosa iniziativa sopra uno o due punti strategicamente e moralmente importanti basterebbe a sfasciare una Instituzione, che non aveva omai nè intelletto, nè ardire di fede in sè, nè prestigio d'illusioni, nè fiducia de' suoi, nè compattezza d'esercito.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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