È forza il dirlo: il popolo è in Italia maturo: gl'influenti chiamati naturalmente a guidarlo, nol sono; mancarono e mancano, prodi come pur sono in campo, del coraggio morale, che solo crea le Nazioni: della fede che vien dall'amore; del culto al principio; dell'intuizione che rivela la forza latente e presta a suscitarsi nel popolo. Non è in essi finora virtù iniziatrice.
Intanto la situazione è mutata.
La caduta dell'Impero e la presunzione mal fondata, pur troppo che noi ne profitteremmo, ha spinto la monarchia verso Roma. Guasta, sviata, profanata com'è, Roma, fatta città italiana, è oggi, in virtù del passato e dell'avvenire, centro, perno, anima della Nazione. Nessuna grande questione può oggimai sciogliersi senza prima accertare quale sarà la condotta di Roma. E inoltre, l'iniziativa, abdicata dai nostri, spetta oggi al Governo: a' suoi errori, alle sue transazioni col Papato, al suo resistere agli istinti della Nazione. È d'uopo attenderne le decisioni manifestate, e prendere norma dalla sua condotta. Chiaritosi incapace di crearsi la propria opportunità per agire, il Partito l'aspetterà inevitabilmente da essa.
L'attività del Partito deve ora concentrarsi in gran parte su Roma, a infondere in essa il Pensiero italiano ch'essa deve rappresentare nel mondo; a richiamarla alle grandi sue tradizioni; a darle coscienza di ciò che la Nazione aspetta da essa; a rendere impossibile ogni vita del Papato fra le sue mura.
Un'agitazione pubblica dovrebbe iniziarsi con adunanze tenute in ogni città per sancire che da Roma deve escire, consecrazione della nuova vita della Metropoli, per opera d'un'Assemblea Costituente convocata dal suffragio universale, IL PATTO NAZIONALE ITALIANO.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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