Ogni guerra è duello più o meno feroce. L'Europa deve rimproverare sè medesima se invece d'affrettarsi, coll'abolizione delle dinastie, la confederazione repubblicana dei popoli e una Instituzione internazionale di Arbitri in tutte contese, a sopprimerne le cagioni, è condannata a guaire inerte e impotente sui mali che ne derivano e proferire insani aforismi sui beneficî d'una pace perpetua impossibile finchè i popoli noti sono ordinati in assetto fondato sul Giusto o sulle naturali tendenze. Ma fino a quel giorno, ciascuno dei combattenti ha dovere, in nome della propria Nazione, di vincere; e se, per riverenza a una cattedrale o a una galleria, l'esercito germanico avesse rispettato Strasburgo e Parigi o ripassato, pago d'aver vinto a Sedan, la frontiera, cinquecentomila tra vedove e madri in pianto avrebbero avuto il diritto di dirgli: "Noi v'abbiamo dato la vita dei mariti e dei figli, non perchè l'orgoglio germanico fosse accarezzato dalla vittoria, ma perchè si conquistassero pegni di non dovere ripetere sacrifizî siffatti nell'avvenire."
Altri, non sapendo darsi ragione dei subiti e continui rovesci toccati all'armi, riputate invincibili, della Francia, travolsero il proprio intelletto e l'altrui nel falso sistema storico che, nel secolo XVIII, attribuiva, duce Voltaire, i grandi eventi alle piccole cause: idearono tradimenti deliberati dove il tradimento non aveva scopo possibile e avrebbe infamato senza pro il traditore: mutarono in colpe premeditate, in disegni architettati da lungo, tra i nemici d'ogni libertà, errori ch'escirono da una fiacchezza frutto delle condizioni generali di Francia: spiegarono i più decisivi risultati della guerra con una inferiorità, non esistente, nell'armi, con un menomo errore di tattica di un generale, con un indugio di pochi giorni in una mossa strategica: incolparono i capi della difesa di Parigi perchè non ruppero con un vigoroso assalto la cinta d'assedio, quando oggi sappiamo che ogni vigore di battaglia era impossibile cogli elementi dei quali la difesa poteva disporre e di fronte all'assioma strategico che non si vince un potente esercito ordinato ad assedio se non armonizzando le mosse interne con quello di forze esterne sempre lontane, sempre respinte e disfatte nei loro tentativi per avvicinarsi: pensarono che se agli uomini preposti alla Difesa Nazionale si fossero sostituiti due o tre agitatori violenti, la Francia avrebbe rinnovato i miracoli del 1792 e respinto da sè, come il vulcano fa della lava, l'invasore straniero: dimenticarono che, maturo per forti fatti un paese, i capi non mancano mai - che sola la insurrezione nazionale poteva salvare la Francia - che in una guerra di nazione come quella della Spagna nel 1808, della Grecia nel 1821, della Francia nel 1792, il tradimento compito in un punto non soffoca il moto sugli altri - e che la rivoluzione dell'ultimo secolo ebbe traditori, defezioni, ribellioni interne, dissolvimento d'esercito, clero e patriziato nemici, città di frontiera conquistate dallo straniero, e non cadde per forza altrui: morì suicida, quand'era al sommo della vittoria.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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