La guerra fu ideata, voluta, provocata senza cagione da Luigi Napoleone. Determinata poco dopo la pace di Villafranca, decretata dopo Sadowa, prenunziata dalla domanda d'una rettificazione di frontiere che la seguì ed ebbe rifiuto, data da quel tempo pubblicamente come parola d'ordine alle caserme, preceduta da ogni sorta di disegni e di preparativi militari, diventò finalmente necessità per l'Impero. A cattivarsi gli animi dei Francesi in qualunque impresa e per ogni sacrificio, Luigi Napoleone piegò, senza intenzione reale di libertà, dalle vie del terrore alle concessioni apparenti. E le concessioni, come ad ogni Governo che piega dal proprio principio, gli nocquero. La Francia, che aveva per lunghi anni tremato d'una potenza fondata su dispotismo illimitato e davanti alla quale l'Europa monarchica s'era tutta quanta servilmente curvata, sospettò vacillante nel padrone la coscienza della propria forza e ne trasse animo ad agitarsi. L'agitazione dei partiti, rifatta minacciosa davvero e ogni giorno crescente, collocò l'Impero davanti al bivio o di ceder più sempre e spegnersi nella libertà rinascente o di rifarsi un prestigio in Francia e in Europa adulando, colla conquista di terre vagheggiate d'antico, l'ambizione della prima, cancellando con vittorie splendide, nelle tendenze volgenti all'ostile della seconda, i ricordi della disfatta subìta, per energia pertinace d'uomini repubblicani, nel Messico e vincolando a sè nuovamente colla gloria e le promozioni l'Esercito vacillante.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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