Questo ed altro poteva, doveva farsi. Il Governo della Difesa non lo tentò: seguì un metodo diametralmente contrario. Un uomo solo, Gambetta, parve volerlo tentare: ma fervido, energico nel linguaggio, fallì all'impresa nei fatti e s'ostinò anch'egli nell'errore di volere salvare la Francia colle mosse e cogli eserciti regolari.
Fu colpa di quegli uomini o della Francia?
Quanti, con grave torto e pericolo, accarezzano tuttavia negli animi dei nostri giovani l'illusione che dalla Francia debba escire l'iniziativa delle grandi cose, dei grandi moti che avviano innanzi l'Umanità, persistono e persisteranno nell'attribuire la colpa a que' pochi individui. Noi l'attribuiamo pensatamente alla Francia.
E non deriviamo, tardi profeti, la nostra opinione dai fatti recenti, bensì li spieghiamo con quella. Chi scrive affermò nel 1835 in una Rivista Francese, quando tutti vaticinavano in Europa iniziatrice dell'èra repubblicana la Francia e le idee repubblicane erano in Parigi rappresentate dai migliori per intelletto e per cuore(316)), che l'Europa e la Francia s'illudevano - che mancava in Europa l'iniziativa, - che ogni popolo poteva, credendo, sapendo, volendo, colmar quel voto, ma che bisognava cominciasse dal convincersi che la virtù iniziatrice non esiste più, monopolio perenne, in Francia o altrove - che la Francia l'aveva, fin dal 1815, perduta - che la grande gigantesca Rivoluzione del 1789 non era stata iniziativa, ma sommario e conclusione d'un'epoca - che splendidi fatti e presentimenti del futuro potevano rivelarsi in Francia, ma che per molti anni le solenni collettive mosse della Nazione non segnerebbero nuovi gradi di progresso all'Europa e si consumerebbero fatalmente per entro alla chiusa curva di un circolo.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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