Ed è tanto vero che il concetto di federazione slava, pel quale nel 1825 caddero martiri in Russia Pestel, Mouravieff, Bestoujeff e altri ufficiali, assumeva bandiera repubblicana. Ma il rifiuto d'ogni appoggio, la diffidenza di tutti governi e popoli, l'ostinazione dei gabinetti inglesi e francesi a non vedere in una santa aspirazione di popoli se non un maneggio segreto russo e a volerne impedire lo sviluppo col sorreggere l'Impero Turco e l'Austriaco, ricacciarono in parte gli Slavi, avversati, negletti, fraintesi e disperati d'ajuto, verso chi insisteva a susurrare promesse d'eserciti e di guerre emancipatrici. Non piegammo noi Italiani, bestemmianti pochi dì prima ai Francesi in Roma e plaudenti ai ricordi d'Orsini, alle promesse e alle offerte del Bonaparte?
La via che additiamo all'Italia farebbe svanir quel pericolo. Freme intorno alle radici d'ogni moto nazionale un pensiero di libertà e quel pensiero, ch'è anima in Polonia e altrove d'una poesia ignota all'Italia e superiore a ogni poesia posteriore a Byron e Goethe, avrebbe, cancellando ogni fiacchezza verso la Russia dello Tsar, potente e immediato sviluppo il giorno in cui un forte popolo repubblicano stenderebbe agli Slavi una mano fraterna. Chi scrive sa come gli uomini a capo del moto slavo sorridessero alla speranza di quel giorno e si affrettassero a dircelo quando, tra il 1860 e il 1861, il moto italiano assumeva sembianza di moto popolare e Garibaldi, allora fidente nelle forze vive della sua Nazione, guidava i nostri volontarî a scrivere nelle terre meridionali una delle più belle pagine della nostra Storia.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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