Ma il linguaggio di quei gazzettieri sui fatti dell'oggi è nondimeno mera calunnia. Quel moto non ha rivelato finora programmi o intenzioni che provochino le parole avventate contr'esso: non sorgeva se l'Assemblea non manifestava - e senza coraggio di tradurle in fatti - tendenze positivamente monarchiche: cesserebbe anch'oggi se la scelta d'altri uomini agli ufficî, una esplicita dichiarazione repubblicana e pochi atti, che fossero pegno di sincerità nel volere e d'energia nell'osare, accertassero gli insorti che la Repubblica non sarà tradita nelle mani del monarca caduto o d'un nuovo. L'insurrezione parigina è protesta repubblicana - ed è questo, benchè nol dicano, il segreto dell'ire dei gazzettieri monarchici - contro le opere d'un'Assemblea colpevole d'aver sancito col voto lo smembramento territoriale della Francia, colpevole di tendere a rapirle l'unico compenso possibile in tanta sciagura, un Governo di popolo che assicuri almeno internamente la Libertà. Ponendo i fati di Francia nelle mani d'un uomo che rappresenta per l'indole delle teorie le idee essenziali del Bonapartismo o per vincoli individuali le pretese degli Orléans, affidando gli avanzi dell'esercito alla condotta dei generali di Luigi Napoleone, evitando studiosamente la parola repubblica e ricusando di raccogliersi in Parigi perchè città dichiaratamente repubblicana, l'Assemblea decretò inevitabile la protesta. Forse, se invece di pellegrinare in Francia e altrove o rimanere in un'Assemblea della quale diffidano, gli uomini influenti per potenza d'intelletto e fede repubblicana provata si fossero frammisti quasi inspiratori agli ignoti del Comitato Centrale, quella protesta non si sviava e s'evitava la guerra civile, triste sempre, tristissima di fronte all'invasore straniero.
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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano pagine 1484 |
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