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      I fini eterni, le lente, potenti manifestazioni che inanellano l'una coll'altra le generazioni e frutteranno ai pronipoti, trovano intorpidita la mente e incerto, scettico il cuore. Un machiavellismo, ch'è la pratica del materialismo, sceso dall'anima, potente di desiderî, ma disperata di meglio, del povero Machiavelli e peggiorato dai fiacchi arrendevoli successori, ha colpito di gelo le migliori facoltà nostre insegnando che non s'hanno da affrontare e dominare le circostanze, ma s'ha da cedere ad esse e veder di trarne il men tristo partito possibile. Per tutte queste ragioni riunite, abbiamo a poco a poco sostituito all'adorazione del Dovere l'idolatria dell'opportunità, all'Ideale divino il piccolo calcolo delle conseguenze immediate, alle norme d'una Legge suprema su tutta quanta l'Umanità, la breve signoria del fatto compito, alla Verità che non muore la realtà transitoria dell'oggi. Talora, gli istinti dell'anima immortale si ribellano dentro noi: i bollori giovanili del sangue e un avanzo di umana dignità mutata in orgoglio spronano a proteste virili; ma l'impulso non dura e un nobile fatto è seguìto da lunghi intervalli di ignavia e di inerzia. Splende in noi, ricordo della nostra missione, qualche solitario lampo di virtù, ma la costanza in essa è sparita; e se il Bene trapela agli occhî dell'intelletto, ci stringiamo sconfortati nelle spalle dicendo: non è da noi il raggiungerlo: fidiamo al caso, a nuove incerte circostanze, alla generazione che verrà dopo noi, l'impresa ch'è nostra.


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Scritti
Politica ed Economia
di Giuseppe Mazzini
Editore Sonzogno Milano
pagine 1484

   





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