AJACOPO RUFFINI,
MORTO MARTIRE DELLA FEDE ITALIANA,
NEL 1833.
A te, fratello mio d'amore, io dedico, venerando, queste poche pagine scritte col nome tuo sulle labbra, colla santa tua immagine davanti agli occhi dell'anima. Io non trovo qui sulla terra, fra quei ch'hanno concetto di fede e costanza di sacrificio, creatura che ti somigli.
M'ami tu sempre come, vivendo della vita terrestre, m'amavi? Io non mi sento ora, poi che tu se' fatto angiolo, degno di te; ma due o tre volte nella mia vita da che il martirio ti trasformava, quando tra le sciagure della mia patria e le delusioni dell'individuo, io sentiva il dubbio infernale sfiorare, senza vincerla, l'anima mia, ho pensato che la tua preghiera intercedeva per me, e che la potenza di fede indomita, eterna, d'onde io traeva subitamente forze a combattere, era un bacio delle tue sante labbra sulla fronte del tuo povero amico.
Dammi, oh dammi ch'io non disperi! Dalla sfera ove oggi tu vivi d'una vita più potente d'intelletto e d'amore che non è la terrena, e dove i nuovi martiri della fede italiana salivano poc'anzi a incontrarti, tu preghi con essi a Dio padre ed educatore, perchè s'affrettino a compiersi i fati ch'Ei prefiggeva all'Italia. Ma se mai la luce dubbia, ch'io saluto talora indizio dell'alba, non fosse che luce di stella cadente; - se lunghi anni di tenebre e di sconforto devono ancor passar sull'Italia prima che si rivelino ad essa le vie del Signore: - per l'amore ch'io t'ho portato e ti porterò, fa che il tuo povero amico pensi ed operi, viva e muoia incontaminato; fa ch'egli non tradisca mai, per intolleranza di patimenti o per amarezza di delusioni, il culto all'eterna idea: Dio e l'Umanità interprete progressiva della sua legge; e fa ch'egli possa, nella serie delle vite assegnate alla creatura, incontrarti senza che tu debba velarti, arrossendo, dell'ali, e pentirti dell'affetto che in lui, sulla terra, ponesti.
| |
Dio Italia Italia Dio Umanità
|