Si sprezzò quasi una dimostrazione che avrebbe forse assicurato la vittoria, se non altro per l'esempio contagioso che la nostra diserzione avrebbe messo dinanzi a 40.000 Italiani che amanti del loro paese stanno contro lui vincolati da un vano giuramento. Intanto, noi ci eravamo esposti; non temevamo violenze, perchè un ordine imprudente di arresto (fosse stato pronunciato!) ne avrebbe suscitato difensori più del bisogno. Tutto finì: i Bolognesi fugati, gli arresti moltiplicati; e quasi per derisione, a noi frementi, a noi già troppo scoperti, si manda a dire, come se fossimo vegetabili, aspettate la primavera. Noi però non ci scoraggiammo. . . . . . Io domandava per questo poche migliaia di franchi; mio fratello mi rispose che ognuno li negava! Intanto, il governo impaurito sospettava noi rivoltosi, e non osando farci arrestare con la forza, impiegava l'artifizio e richiamava in Italia mio fratello, facendolo in pari tempo osservare da spie e da' suoi tedeschi. Egli chiese anche una volta danaro, promettendo a fronte di tutti gli ostacoli tentare la sorte: non fu ascoltato; e alla vigilia della sua partenza per Venezia, fuggì, mentre io contemporaneamente lo facea da Trieste. . . . . . Ricadano i danni sui neghittosi che ci sprezzarono, sugli uomini, che avvertiti da *** che in un mese noi saremmo perduti se prima del mese non ci si davano mezzi d'operare, in capo al mese rispondevano freddamente: Non parliamo più de' tuoi amici. . . . . che a quanto mi scrivi devono a quest'ora essere perduti.
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