Io a queste mie parole potrei fare un commento storico, e lo farò, ma non qui.
Le insurrezioni non si faranno ora nè mai in Italia per fusione, come dicono, d'elementi eterogenei tendenti ognuno a diverso fine ma uniti per rovesciare, quando per forza immutabile di logica a ognuno di questi fini corrisponde un metodo diverso d'azione; - nè per viluppo di vasti disegni lungamente premeditati a far sollevazioni simultanee in più parti e in un'ora prestabilita, perchè i governi ne avranno infallibilmente sentore e potranno sempre impedire; - nè, se non difficilissimamente, per iniziativa di metropoli dove il governo tiene naturalmente accentrati più mezzi di resistenza, di spionaggio e di corruttela, e dove un tentativo fallito riesce decisivo e dà legge d'inerzia a tutto il paese; nè finalmente per altezza di virtù cittadine o d'istruzione popolare impossibili dove non è patria, nè popolo, nè mezzo alcuno d'educazione se non gesuitica o austriaca o neo-cattolica - torna tutt'uno - e dove appunto si cerca l'insurrezione per far che nascano le virtù. Un popolo che fosse virtuoso davvero non avrebbe mai bisogno d'insurrezioni, perchè non sarebbe mai schiavo; ma i Francesi del 1789, gli Spagnuoli del 1808, i Greci del 1821 non erano meno corrotti di quel ch'oggi noi siamo, e nondimeno fecero prodigi di valore e di sacrificio. L'insurrezione, in Italia, s'avrà quando gli uomini vogliosi d'agire, credenti in un patto, intesi sui modi e sul fine, serrati a unità di falange, si prevarranno d'un fermento, nato spontaneo o creato, ma diffuso più o meno generalmente nella Penisola, per operare improvvisi, in nome di tutta Italia, a bandiere spiegate e cacciando via la guaina del ferro, sul punto dove la vittoria sarà meno contrastata e men dubbia.
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