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      Come sosterranno questa rovina mia madre e mia moglie, creature delicate, incapaci forse di resistere a grandi dolori? Ah! servire umanità e patria fu e sarà sempre, io spero, il primo mio desiderio, ma confessar devo che molto mi costa. . . . . ." Quand'egli mi scriveva queste parole, la moglie era morta. Avvertita da Emilio del progetto di fuga, avea, finchè l'esito rimanevasi dubbio, mantenuto il segreto e la forza d'animo necessaria a non tradire le inquietudini mortali che l'opprimevano; poi, saputo in salvo il marito, aveva ceduto al dolore: donna rara, al dir di chi la conobbe, per core, per intelletto e per bellezza di forme, vittima anch'essa, come Teresa Confalonieri, Enrichetta Castiglioni, e tante altre ignote a tutti fuorchè ai pochissimi che rimangono a piangerle, della fatale condizione de' tempi che non concede in Italia esercizio di virtù cittadine senza il doppio martirio di sè stessi e di chi più s'ama.
      Emilio s'era, fuggendo, ridotto a Corfù, dove l'aspettava la più terribile fra le prove. Il governo austriaco, impaurito dal fermento che la partenza dei due Bandiera aveva desto nella sua flotta, temendo la virtù dell'esempio e più d'ogni altra cosa la fiducia che la rivelazione d'un elemento nazionale, fin allora non sospettato in mezzo alle forze nemiche, darebbe ai rivoluzionari Italiani, cercava modo perchè il fatto apparisse piuttosto avventatezza di giovani traviati che proposito d'anime deliberate, e tentava le vie pacifiche. "L'arciduca Ranieri - mi scriveva Emilio il 22 aprile da Corfù - vicerè del Lombardo-Veneto, mandò uno de' suoi a mia madre, a dirle che ov'essa potesse da Corfù ricondurmi a Venezia coll'autorità che una genitrice deve saper conservare sopra un figlio, egli impegnerebbe la sacra sua parola che io sarei non solo assolto, ma tornato al mio grado, alla mia nobiltà, a' miei onori.


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I Fratelli Bandiera
di Giuseppe Mazzini
Libreria Editrice Milanese
1944 pagine 74

   





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