Tolga Iddio ch'io mova il più lieve rimprovero alla madre d'Attilio e d'Emilio: dico solo - e vorrei ch'essa potesse leggere queste linee - che qui o altrove essa intenderà un giorno come i figli l'amavano più che mai quando ricusavano, benchè trasmesso da lei, il perdono dell'arciduca Ranieri.
E del ricusato perdono, nuovo indizio di bene, i tristi s'inviperivano. Il 4 maggio, appariva in Venezia, firmato d'un nome barbaro, Poosch, con qualificazione anche più barbara e inintelligibile d'auditore stabale, un editto di citazione che diceva: " L'I. R. Auditorato Stabale di marina rende pubblicamente noto che i signori barone Attilio Bandiera, alfiere di vascello, e barone Emilio Bandiera, alfiere di fregata, essendosi resi fuggiaschi, cioè il primo ai 28 di febbraio anno corrente dal bordo dell'I. R. fregata Bellona in rada di Smirne, insieme col di lui servo privato Paolo Mariani appartenente all'artiglieria di marina; ed il secondo al 24 dello stesso mese da Trieste per dove avea ottenuto un permesso di quarantott'ore, e non essendo ritornati, ed apparendo eziandio ambedue legalmente prevenuti di essersi resi colpevoli del delitto di alto tradimento coll'unirsi alla setta della Giovine Italia, erano perciò ambedue tenuti di presentarsi nello spazio di giorni novanta, a partire dalla pubblicazione del presente editto, innanzi al tribunale suddetto od all'I. R. comando di piazza in Venezia, ecc. ecc." Rispondevano da Corfù, dove anche Attilio s'era ridotto, i due fratelli: "All'eccelso I. R. comando superiore della marina austriaca.
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