Non solo non approvo, nè intendo cooperare, ma intendo aver solennemente dichiarato il mio più aperto disparere dal fatto della natura che esprimete, come da fatto incapace d'alcun risultato, se non la rivelazione intempestiva delle nostre intenzioni, il sacrificio dei migliori, la dispersione irreparabile del tanto che poteva eseguirsi con elementi conservati intatti fin oggi, e l'assoluta esclusione d'ogni fiducia interna ad ogni nostra proposta smentita sì compiutamente da uomini di concetto quali voi siete in un simulacro di fatto che solo può dar prova d'una irragionevole disperazione . . . . -
Terrò la tua lettera - rispondeva Emilio quattro giorni dopo - a documento della buona volontà che mi avrebbe condotto nel luogo dell'azione, dove poco ragionevoli pretesti non mi avessero chiusa la strada che il dovere mi additava unica a percorrere. . . . . . . Convinti che il punto più strategico ad incominciare la guerra è appunto l'estremità della penisola; che là per energia di popolazione, per le montagne alte, per le foreste fitte, e per esempi in altra epoca offerti, si devono rivolgere tutti i nostri sforzi, credemmo che ogni pericolo fosse giustamente affrontato a suscitare una insurrezione che avrebbe potuto estendersi in Sicilia e negli Abruzzi prima che l'Austriaco avesse tempo di precipitarvisi addosso. L'anno scorso si esposero uomini che valevano meglio di noi per favorire nel centro una sommossa che per quanto bene fosse riescita sarebbe stata in tre giorni schiacciata dagli Austriaci, e quest'anno non si vuole far niente pei Calabresi che insorsero se non altro più apertamente dei Romagnoli, cioè colla nostra bandiera e il nostro programma.
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