Il *** mostrasi renitente perché il viaggio per *** è lungo; nondimeno non dispero di persuaderlo. Ma Ricciotti andrà solo? Perchè i venti risoluti di qui non si moverebbero? ed io con essi? Ho stabilito di farlo, perchè qualunque sia l'evento, meglio è ch'egli vada accompagnato che non solo. Lasceremmo a *** le nostre comunicazioni per quello che concerne il regno". Un giorno dopo scriveva Emilio: "Vi ringrazio delle parole amorevoli recatemi da Ricciotti. L'amicizia che mi accordate v'è da me professata da assai lunghi anni, da quell'epoca in che sorta la Giovine Italia io me ne procurava gli scritti per ripeterli nel collegio a' miei compagni, e non potendo meglio, per aizzarli all'odio e alle zuffe contro i figli degli oppressori. Qualunque sia la mia sorte, mi mostrerò costante; all'Italia dedicherò sempre mente, cuore e braccio; a voi e ai pochi altri che la rendono rispettabile anche prostrata, affezione di fratello. Con Ricciotti stiamo risolvendo la questione dell'intricato problema. Ad ogni modo spero d'esser presto in azione con lui. Lasceremo a ***, che accorrerà al ritorno del messo, le pratiche colla Calabria. Addio, e serbatemi sempre il patto fraterno che avete stretto con Emilio". - E un altro giorno dopo, li 8, poche righe di Ricciotti dicevano: "In questo momento non v'è occasione alcuna di partenza per dove sapete, ma spero si presenterà presto, e meco verrà uno dei fratelli Bandiera, e forse ambidue con altri venti uomini".
Ho insistito su questo punto, perchè mi pare elemento essenziale di giudizio, a qualunque voglia esplorare le cagioni probabili della sùbita mossa, la certezza che non era, tre giorni prima, premeditata.
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