Un altro, credo certo Cavalieri, satellite austriaco, dava avviso che due o più centinaia di sbandati s'erano affacciati a Cotrone e n'erano stati respinti, ma non distrutti, e mentre depredavano nei dintorni qualche podere di ricchi, spargevano oro fra' contadini. Altre consimili nuove stanno registrate nell'ultima lettera dei Bandiera. Le più erano assolutamente false: l'altre esageratissime.
Gli esuli e segnatamente i fratelli Bandiera erano in Corfù noti, vegliati, ricinti di spie. Del loro antico disegno era corso romore fino all'orecchio dei consoli che ivi rappresentano i tirannucci d'Italia. La loro partenza ebbe luogo senza che vi fosse frapposto il menomo ostacolo; nè ostacolo alcuno da legni in crociera o da altro ebbe il loro sbarco in Calabria. Il console napoletano in Corfù, stando a' meriti noti, avrebbe dovuto ricevere accuse e rimproveri di noncuranza dal suo governo. E nondimeno, con disposizione del 18 luglio, Ferdinando II volendo ricompensarne la condotta e lo zelo spiegato in quella circostanza, conferì la croce di cavaliere dell'ordine regio di Francesco I a Gregorio Balsamo, console del re in Corfù.
Finalmente - e questo a molti parrà indizio equivalente a una prova diretta - un dei ventuno, tristissimo a dirsi, tradiva(3): il Boccheciampi. Fomentatore arditissimo dell'impresa, partiva da Corfù recando seco alcuni documenti che rivendicavano dal governo di Napoli certi diritti concessi a un suo zio per servigi prestati appunto nelle Calabrie a' tempi dell'invasione francese.
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